domenica 17 novembre 2013

Siria in sintesi

Incontro con Gian Micalessin 17-11-2013

INCONTRO CON GIAN MICALESSIN, 16 novembre 2013


GIAN MICALESSIN

In Siria abitano 23 milioni di persone. Il 10% della popolazione è cristiana. Una delle più antiche comunità cristiane è nata in Siria: proprio lì si stava recando Paolo per uccidere cristiani quando rimane folgorato dalla voce di Gesù che provoca la sua conversione, appunto “sulla via di Damasco”.

Nel 1982 il padre di Asad (sciita alawita) reprime nel sangue una ribellione di sunniti.

Discorso di Obama all’inizio della sua presidenza: cercava alleati in Medio Oriente oltre ad Israele. Gli Usa decidono di avvicinarsi ai musulmani sunniti e la scelta cade su Qatar (piccolo ma ricco) e Arabia saudita.
Gli Usa puntano sui Fratelli Musulmani, il movimento politico più importante che sta dietro alle varie Primavere arabe, nate per esigenza di libertà, ma poi monopolizzate dai gruppi islamici fondamentalisti.
L’ Iran (sciita) rifornisce in Libano le milizie di Hezbollah (partito politico sciita libanese, dotato di ala militare) attraverso la Siria (che è una sorta di “ponte” tra Iran e Libano): questo crea problemi a Usa e Israele.
Il quadro diventa ancora più problematico se gli Usa decidessero di attaccare l’Iran perché in possesso di armi nucleari.
Strategia Usa: ridurre l’influsso della Siria per rendere la situazione più gestibile. A questo piano si contrappongono Iran e Russia: ciascuno ha i propri interessi.
La Russia ha una base navale in Siria (è l’unica base che ha nel Mediterraneo): dunque la  Siria è l’ultimo grande alleato della Russia, che attraverso la Siria riesce ad avere un’influenza nel Medio Oriente.
Chi ha interesse a far cadere Asad?
Tutti gli altri paesi mediorientali, legati agli Usa.
Arabia: simbolo dell’ortodossia sunnita.
Turchia: anche la Turchia ha cambiato regime, ora è molto vicina ai sunniti e ai Fratelli Musulmani.
Per tutti questi motivi, nel settembre 2013 la guerra civile nata in Siria rischia di trasformarsi in un conflitto molto più ampio.

C’è anche un problema interno.
La Siria è divisa tra cristiani, musulmani sciiti e musulmani sunniti. Nelle terre sunnite sono molto presenti i guerriglieri, così gli alawiti (sciiti) scappano verso il mare, verso il Libano e la Turchia.
Si sono create in questo modo ondate di profughi : filmato sui campi profughi dove è presente Avsi.

ALBERTO PIATTI (AVSI)
Rifugiati: cambiano il loro Paese.
Sfollati: cambiano residenza all’interno del loro Paese.
Per essere un rifugiato devi registrarti: queste persone non vogliono registrarsi, si sono accampate come hanno potuto. Non essendo registrati, non hanno assistenza ufficiale.
Avsi è in Libano dal 1996, siamo entrati in contatto soprattutto con mamme e ragazzi. La cosa più importante ci è sembrata non far perdere ai ragazzi l’anno scolastico.
(NB: c’è un campo profughi in Kenia dove vivono 400.000 persone! Alcuni sono nati e cresciuti lì, non hanno visto altro).

DOMANDE A MICALESSIN

D. Anna Chiara: cosa la spinge ad andare fino in Siria, quando ci sono tanti giornalisti che questa guerra la raccontano da casa?
R. Perché sono curioso, mi piace questo lavoro. L’ho scoperto a 8-9 anni, quando c’era la guerra del Vietnam. Ho letto i libri di Oriana Fallaci. Quando ero al liceo i russi hanno invaso l’Afghanistan; a 23 anni sono partito insieme ad altre persone (uno di loro è poi morto), abbiamo girato un servizio che è stato acquistato.
Il gusto per l’avventura è molto bello, ma la cosa più importante di questo mestiere è riuscire a raccontare qualcosa. Se muori, nessuno racconterà le cose che hai visto. Il rischio è giustificato dall’importanza di quello che devi raccontare.

D. prof. P.: qual è il ruolo e l’identità affermata dall’Occidente, in tutta questa vicenda?
R. L’Occidente ha perso il controllo della situazione: ha delegato l’appoggio ai ribelli a due stati che non sono affatto democratici! Il Qatar è una monarchia sunnita, l’Arabia è l’altro versante del fondamentalismo islamico, quello wahabita. L’Occidente ha foraggiato gruppi sulla linea dell’ortodossia islamica: si tende a dare gli aiuti a chi combatte meglio, a chi ha più esperienza ed ha ucciso di più, quindi ai fondamentalisti islamici.
Così il moto di rivolta “popolare” contro il regime di Asad si è trasformato in una rivolta guidata da gruppi fondamentalisti.
I cristiani stanno col governo perché il regime è l’unico che li difende, ma avrebbero preferito più riforme. La dittatura siriana era l’unica, in Medio Oriente, che garantiva la convivenza tra le varie comunità: ancora oggi molti sunniti stanno dalla parte del governo.

PIATTI
Gli Usa stavano per scatenare l’ennesima guerra. Noi cosa possiamo fare? Non dobbiamo fare la guerra. La guerra non risolve i problemi. Basta guardare a quello che è successo nel 1990, quando gli Usa hanno invaso il Kuwait. I mass media hanno fatto pubblicità alla guerra, dando spazio solo ad alcune notizie e ad alcune immagini. L’intervento degli Usa in Iraq nel 2003 ha prodotto più danno che beneficio.
Per questo se non si punta tutto sull’educazione, non si va da nessuna parte. Sulla dimensione più vera dell’essere umano (esigenza di verità, esigenza di giustizia) si può vivere e con-vivere.
La guerra non serve a niente. Per dirlo però ci vuole un impegno e una dimensione attiva. Fare la pace è un lavoro, e costa (costruzione di infrastrutture, alimentazione, condizioni minime di confort).

D. Giovannangelo:  Cosa pensa del coraggio delle famiglie cristiane che rimangono in Siria?
R. Io questo coraggio lo vedo, lo vivo quotidianamente. Scappare dalla Siria significa rinunciare alla propria tradizione, perché la Siria è una delle culle del cristianesimo. I cristiani si chiedono: se noi scappiamo adesso, riusciremo mai a tornare? I profughi irakeni non sono tornati.
E’ una discussione interna alle famiglie! Marito e moglie tra loro si chiedono: abbandonare tutto e salvarsi o restare e rischiare?

D. Lorenzo R.: Cosa succederà?
R.  Se cadesse Asad, il Paese cadrebbe in mano ai fondamentalisti: sarebbe un pericolo anche per i paesi occidentali, che si stanno tirando indietro.  L’unica soluzione possibile è quella di un dialogo.
Però i ribelli non vogliono trattare con Asad, ma in tutte le guerre la trattativa si fa col nemico!
L’impossibilità di portare soccorso ha incrementato l’odio.
Si parla di colloqui di pace che dovrebbero tenersi a Ginevra.

D. Lorenzo R.: cos’è la guerra “di usura”?
R. E’ una guerra tremenda, in cui nessuno vince, in cui si aspetta soltanto che l’avversario si logori. Chi sopporta tutto? I civili. Se le campagne sono controllate dai guerriglieri, nelle città non arriva il cibo, i prezzi aumentano, tutti diventano più poveri. Una guerra di usura  può non finire mai!

D. Lorenzo M.: cosa si prova a vedere morire un uomo?
R. La cosa peggiore del mio mestiere è che sei assolutamente impotente. Spesso non sai neanche chi sia quell’uomo che muore, non c’è nulla che tu possa fare. Puoi solo (Piatti: dire una preghiera!) raccontare, per impedire  che la guerra e la morte si diffondano come unica via possibile.

PIATTI
Questo mestiere i giornalisti non lo fanno per sentirsi un po’ eroi, o per provare un po’ di adrenalina. Io stesso sono preoccupato dalla capacità di rimbecillimento che ha l’informazione che ci raggiunge. Ci fanno vedere un mondo che luccica, svuotando la responsabilità che ciascuno di noi ha.
S. Paolo, dopo la conversione, per primo ha incontrato Anania. Anania ha accolto un uomo che fino al momento prima gli avrebbe tagliato la testa! La capacità di accoglienza e di perdono è parte di quel lavoro che vi invito a fare ogni giorno.
Tenete presente che a vivere con i nostri standard, al mondo, siamo una minoranza: un miliardo e 300.000 su sette miliardi! A vivere sotto la soglia di povertà sono 1 miliardo e 350.000 persone. Non ce lo raccontano, ma il mondo non è quello che vediamo in tv!
Bisogna avere un po’ di voglia di fare la rivoluzione, ma la rivoluzione della propria vita!

D. Cosa sta facendo l’ONU per la Siria?
R. PIATTI: Se non ci fosse un tentativo di camera di conversazione sarebbe peggio. Detto questo, ci sono ampi margini di miglioramento nel modo in cui si muove l’Onu.
R. MICALESSIN: Invece nel caso della guerra siriana possiamo dire bene dell’Onu. La storia la fanno le persone: come Brahimi, diplomatico algerino che è andato a fare il negoziato. Lui ha vissuto sulla propria pelle il dramma della guerra civile (in Algeria ci fu il primo grande scontro tra regime e ribelli). Proprio lui ha detto che i buoni non stavano solo da una parte, e che i massacri li facevano da entrambe le parti.
Eliminando Asad gli americani pensavano di offrire un contentino ad Israele, cancellando il ruolo di ponte della Siria. Così nella vicenda siriana si è seguita la linea Usa e Brahimi non è stato ascoltato. Ma in questo caso l’Onu ha assolto il suo compito (poi ricordiamoci che nell’Onu gli Usa hanno diritto di veto).

D. Andrea: Cosa possiamo fare noi e le nostre famiglie?
R. PIATTI: Io ho un concetto molto elastico di preghiera. Bisogna pregare in pensieri, parole, opere. Evitare le omissioni! La prima cosa da fare è conoscer la realtà per quello che è. Essere curiosi, non accontentarsi delle minestre riscaldate. Avere un’apertura mentale, come Anania, per sapere incontrare e dialogare con tutti. Anania era così sicuro di quello che aveva incontrato che ha accolto il nemico peggiore dei cristiani!
R. MICALESSIN: Innanzitutto osservare, non essere mai passivi. Spesso si legge con disattenzione. Leggete i messaggi con attenzione: è possibile che in guerra ci siano tutti i buoni da una parte e tutti i cattivi dall’altra? Quando leggete questa cosa non credeteci, insospettitevi. In una guerra non esistono i buoni, perché la guerra è cattiva, ti rende cattivo. Solitamente il più cattivo è quello che vince perché uccide di più. Avsi opera in strutture piccole: io ho visto dove finiscono i soldi di Avsi. State attenti anche nella carità. Lì il più piccolo spesso è meglio! Ad esempio, impegnatevi a pagare l’autobus per questi ragazzi! Perché l’Unicef non ci arriva. Fate la rivoluzione!

D. Riccardo: Le è mai capitato di incontrare o parlare con un fondamentalista islamico che abbia spiegato le sue ragioni?
R. Ne ho incontrati tantissimi, diversi tra loro, ci sono anche quelli non violenti. E’ sempre la persona che fa la differenza. Il fondamentalista ti dirà che la prima differenza è lo scisma, e che Asad uccise i Fratelli Musulmani, da cui la rivolta.
Poi c’è quello che combatte, che è convinto di uccidere in nome di Dio. Lì non c’è più ragionamento, e quindi non c’è più dialogo. Per questo bisogna evitare che abbiano il sopravvento i fondamentalisti islamici.
PIATTI: Molte persone usano Dio come pretesto per uccidere: questi non sono fondamentalisti, sono mercenari. Se uno è vero nel profondo delle sue domande, ci si incontra sempre. Tutto il resto è strumentalizzazione.
PRESIDE: Ci si incontra sulla verità. E la verità è una.